Nazionalismo economico, pandemia e guerra non hanno fermato la globalizzazione, intesa come commercio mondiale e interscambio nell’ambito delle cosiddette catene globali del valore. L’hanno di certo rallentata, ma l’impressione è quella di essere di fronte a un fenomeno inarrestabile sospinto dal progresso tecnologico. Oggi, però, più di ieri scontiamo gli effetti di quella globalizzazione impetuosa che ha rivoluzionato il pianeta alla fine del secolo scorso e agli inizi del nuovo millennio. “Quella globalizzazione – riflette Tito Boeri, direttore scientifico del Festival – ha lasciato in eredità in molti paesi tensioni distributive che spesso sono sfociate nell’affermazione su vasta scala di movimenti populisti. E le stesse attuali tensioni geopolitiche possono essere lette anche come una delle conseguenze di una globalizzazione troppo veloce che ha rafforzato in alcuni paesi autocrazie antidemocratiche.”
L’economia, la politica, le scienze sociali devono, dunque, cambiare approccio. Devono ripensare la globalizzazione, come recita il tema scelto per l’edizione 2023 del Festival Internazionale dell’Economia. “Occorre – sottolinea sempre Boeri – graduarne i tempi, ridurne la velocità indotta dal progresso tecnologico, rafforzare le istituzioni multilaterali, riformare i nostri sistemi di protezione sociale, sviluppare nuovi modelli di business che, invece di puntare sulla disintegrazione dei processi produttivi, rafforzino l’integrazione verticale.”
C’è molta ricerca su questi temi. Per questo Torino dal 1 al 4 giugno 2023 diventerà la capitale mondiale nel ripensare la globalizzazione. Quattro giorni ricchi di idee, progetti, studi, testimonianze. Con una ambizione, la stessa di sempre: confrontarsi per trovare nuove strade, puntando sulla competenza, la passione e l’efficacia comunicativa.
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